mercoledì 5 dicembre 2012

PANE ALL'UVETTA... UN CLASSICO INTRAMONTABILE PER #MERCOLEDISOCIAL

Oggi ricetta in onore del #mercoledisocial di Muffin & Dintorni, l'appuntamento settimanale che oggi festeggia l'uscita dell'e-book Emilia Mon Amour, acquistabile qui.
Emilia Mon Amour è un progetto nato in seguito al terremoto che ha colpito l'Emilia: l'idea,  nata da Cecilia e Micol, è stata di raccogliere ricette emiliane o interpretazioni delle stesse e di realizzare un e-book il cui ricavato andrà in a sostenere le aziende agricole colpite dal sisma attraverso il fondo promosso da Coldiretti.
Io ho partecipato con una paio di ricette, per dare un contributo ad un'iniziativa che ho ritenuto subito molto bella ma soprattutto molto utile. Poter portare un po' di aiuto facendo quello che più mi piace, cucinare, è stato divertente e anche interessante, un nuovo modo di essere foodblogger insomma (anche se ancora fatico a definirmi tale).

Quindi dai, acquistate in massa questo bellissimo e-book e divertitevi con le nostre ricette.

Oggi invece, influenzata e chiusa in casa, ho pensato di realizzare una ricetta della tradizione panificatoria: il pane con l'uvetta. Buonissimo e straordinariamente morbido, per la prima volta infatti ho provato ad usare un po' di strutto nell'impasto ed il risultato nella consistenza è stato strepitoso: Fra mi ha addirittura chiesto dove l'ho comprato ;-)

Beh io non so se sia merito dello strutto o della lievitazione vicino alla stufa, fatto sta che la coccola del pane con l'uva è sempre estremamente gratificante e oggi non mi ha delusa.



PANE CON L'UVETTA

300 gr farina OO mescolata a 200 gr semola rimacinata di grano duro
200 gr acqua tiepida
20 gr lievito di birra
50 gr strutto sciolto (sostituibile con burro o olio)
50 gr di zucchero
un cucchiaino di sale
250 gr uvetta ammollata in acqua e rum

Io uso l'impastatore e seguo questo procedimento: sciolgo il lievito nell'acqua tiepida con un cucchiaio di zucchero, metto nella ciotola 3/4 di farina, lo zucchero rimanente, lo strutto sciolto e l'acqua con il lievito. Accendo e impasto per 30 secondi poi spengo e faccio riposare 20 minuti.
A questo punto verso la restante farina e il sale. Impasto finchè vedo che la farina si è assorbita.
Tolgo l'impasto dall'impastatrice e la metto a lievitare per un paio d'ore al caldo, all'interno di una grande ciotola con uno strofinaccio umido che la copre.
Scolo l'uvetta in ammollo, la verso su uno strofinaccio e l'asciugo un po'.
Riprendo la pasta incorporo l'uvetta, creo uno, due o più panini (oggi due) a seconda dell'estro e metto nuovamente a lievitare per 1 o 2 ore.
Inforno a 200 per 15 minuti e poi abbasso a 180 per il tempo rimanente, in mezz'ora di solito il pane è cotto.
Oggi ho messo anche una ciotola di acqua sul fondo del forno per mantenere l'umidità.
Risultato eccellente, sono soddisfatta di me stessa ;-)

Il prossimo post lo avrete sul blog nuovo... #sapevatelo ;-)

mercoledì 28 novembre 2012

SPIEDINI DI SEPPIA E CIPOLLA SU LETTO DI RADICCHIO AL FORNO






Sono onnivora (fegato a parte) ma la predilizione in fatto di proteine è tutta per il pesce. Posso stare senza carne per settimane (ammetto che qualche tendenza vegetariana c'è), ma non privatemi del pesce almeno una volta ogni 10 gg (in fondo non pretendo tanto, no??).

E quindi questa sera il menù di casa Berti-Zante proponeva seppie.
Occasione giusta peraltro per assaggiare un vino che mi permetto di consigliare caldamente: "La Rustia" Erbaluce di Caluso docg della Cantina Orsolani.
Un vino piemontese, adattissimo ad antipasti, primi piatti, minestre e verdure... io ho osato e l'ho abbinato a dei saporiti spiedini di seppie e cipolla ed è stata una buona scelta.


Con l'occasione abbiamo invitato un amico a cena, Miro, il nostro guro della mtb ed uno sportivo che noi al confronto siamo due pantofolai.
Una persona speciale Miro, il classico amico di casa, quello che non ha bisogno di suonare, di avvisare, di arrivare ad un'ora stabilita.
Miro sì è davvero vegetariano (moooooolto più vegetariano di me): crede che ci si possa nutrire senza dover necessariamente "uccidere", eppure se rispetto alla carne questa scelta non viene mai messa in discussione, avevo percepito che il pesce ogni tanto rientra nella sua dieta e così ho lanciato la proposta. Non posso non copiarvi un pezzo della sua mail di risposta all'invito:


"Ahimè, fossi un tipo sedentario potrei benissimo continuare la mia esistenza con l’esser puro vegetariano, ma quel mio essere sempre in movimento su lunghe distanze e portando sempre il mio corpicino a fatiche immense alla ricerca della Libertà e Felicità interiore, comporta che devo nutrirlo mio malgrado con mirati elementi che controvoglia non scendendo alla sporca chimica posso trovare solo nel pesce, cosi da macchiare la mia etica di nutrimento…
Consapevole di ciò, visto che è da un po’ che non mi macchio e facilmente ne avrei pur bisogno, se non son di troppo accetto, ma tengo a sottolineare che -leggasi tra le righe- accetto per la piacevole compagnia della coppia di casa, anche se si mangiasse aria…"

Impossibile non volergli bene!!

E pesce fu, con la piacevole scoperta di un vino ottimo (usato anche in fase di cottura), di grande personalità -come Miro del resto- frutto di un'accurata selezione delle uve e di tanta cura. 


SPIEDINI SEPPIE E CIPOLLA SU LETTO DI RADICCHIO AL FORNO

ingredienti per 3 persone

12 seppie di media dimensione (circa 700/800 gr)
1 grande cipolla rossa (o 2 piccole)
olio, pepe, sale (solo se serve)
1/2 bicchiere di vino bianco Erbaluce di Caluso
rosmarino
(io avevo anche alcune code di gambero che ho aggiunto agli spiedini ma non sono necessarie)

2 cespi di radicchio spadone 

Per prima cosa pulite il radicchio, staccate le foglie e disponetele (sovrapposte tra loro) sulla placca del forno ricoperta da carta forno, salate, versate un filo d'olio e infornate a 180°. Dopo 10 minuti coprite con un foglio di alluminio (altrimenti avrete tutte le foglie secche, provare per credere) e continuate la cottura per altri 10 minuti.
Fintanto che il radicchio cuoce pulite le seppie, eliminate l'osso e staccate le teste con i tentacoli dal corpo, togliete le sacche del nero e dividete il corpo in 2 parti nel senso della lunghezza. Dividete a metà i tentacoli se le teste sono grandi, altrimenti lasciateli interi.
Tagliate le cipolle in 6 spicchi e separate i diversi strati.
Procedete a formare gli spiedini alternando cipolla e seppie (corpo e tentacoli): io ho ricavato 6 spiedini.
Scaldate in una padella un filo d'olio evo, rosolate gli spiedini 2/3 minuti per parte, sfumate con il vino, coperchiate e fate cuocere a fuoco basso per 10 minuti. Togliete il coperchio, fate asciugare il sugo se necessario, spolverate con rosmarino tritato e un po' di pepe (il sale per me non serve, nel dubbio salate poco e solo a fine cottura).

Impiattate disponendo due spiedini a testa sopra un letto di radicchio, aggiungete un filo d'olio crudo e... buon appetito. 
Naturalmente accompagnate con un calice di Erbaluce e... con un ottimo amico a cena.

domenica 11 novembre 2012

NON CI CREDE NESSUNO MA IL DOLCE DI ZUCCA È BUONISSIMO



L'ho già detto: amo la zucca in modo (quasi) assoluto e ne mangio tanta che ancora mi stupisco di non essere arancione.
Ho già pubblicato una ricetta con questa fantastica verdura, lo sformatino che trovate qui.
Oggi per la prima volta in vita mia mi sono cimentata con una ricetta dolce.

Quando, guardando Fra, ho detto "Faccio un dolce con la zucca!" l'espressione è passata dallo scettico al  seriamente preoccupato, della serie "va bene dall'antipasto al contorno ma non allarghiamoci ragazza!".

Lo ammetto, anch'io avevo qualche dubbio ma caspita pioveva, pioveva alla grande, i programmi arrampicatori erano posticipati al pomeriggio e l'alternativa alla pasticceria era il pc e relativo lavoro, ma si sa che "lavoro di festa, lavoro fuori della finestra" (cit. Mara, Rifugio Treviso). E quindi via, mi son data agli esperimenti avendo tempo e buona volontà.

Ora posso dire esperimento riuscito!!
Ho tratto ispirazione navigando qua e là e alla fine ho creato la mia ricetta che poi non è un dolce vero e proprio ma una sorta di crema cotta che va servita a cubetti, fredda: si tratta quindi di pasticcini, morbidi e sfiziosi.
Se Fra non ne avesse mangiato tre pezzi e non ne avesse parlato tanto bene agli amici nel pomeriggio, forse avrei desistito dal pubblicare questa ricetta perchè la mia passione per la zucca potrebbe alterare il mio giudizio, ma visto che anche il biondo ha emesso giudizio più che positivo io la condivido con voi.


PASTICCINI DI ZUCCA E UVETTA

Ingredienti
una zucca da 1 kg (io ho usato una marina)
4 cucchiai di zucchero di canna
8/10 amaretti
2 uova
30 gr di burro ammorbidito
3/4 cucchiai di farina
40 gr di mandorle tostate tagliate a listelle (in alternativa usate le lamelle di mandorle fatte tostare 5 minuti in una padella, c'est plus facile!)
120 gr di uvetta ammollata in acqua


La cosa più laboriosa, lo so, è pulire la zucca ma va fatto! Tagliate la polpa a pezzetti e mettetela in forno per mezz'ora a cuocere coperta da un foglio di alluminio.
Quando è morbida frullatela.
A parte frullate lo zucchero con le uova, aggiungete il burro e la farina. Incorporate ora il frullato di zucca e l'uvetta scolata e infarinata. Con le mani sbriciolate nell'impasto anche gli amaretti.
Foderate la tortiera con della carta di forno, (consiglio una teglia rettangolare o quadrata), versate l'impasto e cospargete con le mandorle e un cucchiaio di zucchero di canna.
Infornate e cuocete a 200° per 30 minuti.
Fate raffreddare e poi mettete in frigo.
Al momento di servire tagliate dei piccoli quadrotti e cospargeteli di zucchero a velo, ancora meglio se aveste dei piccoli pirottini all'interno dei quali posizionare ogni pasticcino.

Fatemi sapere e soprattutto rompete ogni indugio: il dolce di zucca è buonissimo!



sabato 3 novembre 2012

LA VITA È QUESTIONE DI MORBIDEZZA

Oggi ho fatto il mio primo VERO giro in mountain bike.
Una bici prestata, non proprio della mia misura ma si sa che a caval donato non si guarda in bocca! E poi andava che era un piacere.

Con noi Miro, un amico carissimo, un vero appassionato di mtb ma anche un grande alpinista e uno sfegatato del parapendio, metteteci anche che corre e ha fatto triathlon e vi ho fatto capire il personaggio.
Sportivo fino al midollo.

In salita pensavo di morire ma dopo una scorpacciata di minestrone, panino con lo speck e torta alle mandorle in rifugio ero pronta ad affrontare la discesa, nonostante la pioggia non proprio piacevole.

I consigli per non uccidermi sono stati parecchi:

  • non guardare la ruota,
  • ogni tanto molla i freni,
  • non stare seduta sulla sella, 
  • sui dossi alleggerisci il peso davanti,
  • occhio ai legni bagnati, 
  • occhio ai sassi bagnati (praticamente tutti),
  • occhio alle curve,
  • occhio che se freni con il freno davanti ti cappotti,
  • ecc...
Ed infine quello che mi ha dato l'ispirazione per questo post: "STAI MORBIDA!"
Ebbene sì, stare morbidi è il segreto: morbide le braccia, morbide le gambe, morbida la mente.

Mi sono trovata a pensare quante volte nello sport mi sono sentita ripetere questo mantra: stai morbida.
Nell'arrampicata bisogna trovare continuamente un equilibrio diverso, senza rigidità, senza staticità e poi serve la cosidetta pace interiore che altro non è se non morbidezza della mente.
Nello scialpinismo è indispensabile essere flessibili, sulle gambe e sul bacino, assecondare la discesa, le curve, il tipo di neve che si incontra.
Nella corsa se non ammortizzi anche con le gambe oltre che con un ottimo paio di scarpe ti distruggi le ginocchia.
Nel nuoto... beh voi provate a nuotare rigidi e poi ditemi!

E mi viene da immaginare che in molti altri sport che io non pratico la regola non cambi.

Insomma morbidezza, flessibilità e dinamismo.
Ed oggi, scendendo sulla mia due ruote, finchè tentavo di non incendiare i freni e mi ripetevo che la discesa è mia amica, riflettevo che non solo lo sport ma anche la vita chiede morbidezza.

Mi piace il concetto di morbidezza, io che di morbido ho ben poco, a partire dal fisico: è una parola che evoca maternità, accoglienza, calore. Che fa pensare a qualcosa di buono da mangiare come una bella fetta di torta, che richiama alla mente una coperta, un cuscino, un capo di abbigliamento a cui si è affezionati o una spalla su cui appoggiarsi.
Insomma, se non pensiamo alla barretta di sesamo che quando diventa morbida significa che è vecchia, quasi tutti i richiami di questa parola sono positivi.

Una vita morbida è allettante no? eppure quanto siamo rigidi e duri ogni giorno? ci viene quasi spontaneo nonostante sia invece frutto di un condizionamento (di un pessimo condizionamento aggiungerei). Controllo, rigidità, inflessibilità ma anche concentrazione, determinazione, focus, orientamento ai risultati... tutto questo non ha niente di morbido ed il lavoro ne è effettivamente un grande esempio.
Pensiamo poi all'immagine, al corpo: ogni richiamo di morbidezza deriva solo -se e quando la moda lo concede- dagli abiti, non certo dai canoni di bellezza che vanno per la maggiore.
Riflettiamo sui rapporti: pochi amici ma buoni, si dice spesso. Ma anche questo cosa significa? perchè non possiamo avere tanti amici e voler bene morbidamente a tante persone e cogliere di ciascuno la parte bella, di difetti ne abbiamo tutti.

Ed invece bisogna(rebbe) stare morbidi, come in bici, come sugli sci... morbidi ed elastici, pronti a cambiare ma anche pronti ad accogliere.
Perchè poi anche la caduta se sei morbido è meno rovinosa e ti fai meno male.

Quindi abbassiamo le spalle, alleggeriamo le gambe, sciogliamo le braccia e proviamo a sentire questa morbidezza che ci avvolge e che ci fa scendere sani e salvi anche dalla discesa più impervia.
E occhio ai freni... a volte è meglio mollare tutto!





venerdì 2 novembre 2012

PARATHA CON HUMMUS DI CECI E ZUCCA


È Halloween ma non è per questo che ho scelto un antipasto che vede tra i suoi ingredienti la zucca, il vero motivo è che io la amo profondamente e da ottobre a marzo io ne mangio quantità notevoli.


Al forno, stufata, nel risotto, nella minestra... e chi più ne ha più ne metta.
La cantina è Orsolani, piemontese: 18 ettari di vigneti nella zona classica dell'Erbaluce, un vitigno che ammetto, non conoscevo ma che mi ha conquistata.Uno spumante speciale, lavorato ancora tutto in modo artigianale com'è abitudine della Cantina Orsolani, insomma un vino ottimo, perfetto per l'aperitivo ma valido anche per accompagnare tutto il pasto se di pesce o carni bianche.

Ma questa volta volta volevo fare qualcosa di speciale da abbinare ad un vino nuovo, che non avevo mai assaggiato ma che meritava una ricetta nuova e diversa dal solito.

In questo caso ho aperto un'ottimo "Cuveè Tradizione" Caluso Spumante doc del 2007.



E quindi in occasione di una cena con due carissimi amici ho ben pensato di stappare questa bottiglia e di abbinarci un antipasto stuzzicante e vegetariano in onore di Miro (uno dei due amici).

Era da tempo che volevo provare a fare le Paratha: sono delle piadine indiane semplicissime e veloci da fare, realizzate con farina e farina integrale. Invece di farcirle le ho tostate per bene e le ho tagliate a triangoli, vi ho abbinato un hummus di ceci e zucca che devo confessarvi mi ha stupita per la sua bontà ed è stato molto apprezzato anche dai tre uomini a cena con me. 

E questa è stata l'apertura di una serata piacevole e rilassata di quelle che solo gli amici più cari sanno regalarti... beh diciamolo, il vino fa sempre la sua parte ;-)


Paratha con hummus di ceci e zucca

per 4 persone

130 gr farina
120 gr farina integrale
100-115 ml latte tiepido
mezzo cucchiaino di sale
50 gr ghee (burro chiarificato indiano... io non l'avevo e ho usato burro normale, si può sostituire anche con la margarina)

Per l'hummus
200 gr zucca a pezzetti
250 gr ceci lessati
sale, pepe
3 cucchiai di olio evo
il succo di mezzo limone
curcuma 

La procedura per le paratha è particolare ma semplice:
setacciate insieme le farine e il sale, aggiungete il latte tiepido, impastate e formare una palla che farete riposare per 15 minuti.
Passato questo tempo dividete la palla in 5 pezzi, stendeteli in una sfoglia sottile, spalmate uno strato sottile di ghee/burro quindi arrotolatele su se stesse come un sigaro e poi avvolgete a spirale il sigaro, quindi nuovamente stendeteli in piade sottili.
Cucinatele sulla padella ben calda per 4 minuti a lato in modo da tostarle.

Nei 15 minuti di riposo dell'impasto preparate l'hummus: cuocete al vapore (o lessate) 10 minuti la zucca, frullatela con i ceci, il succo di limone, l'olio, sale, pepe e curcuma.

Servite l'hummus con i triangoli di paratha e con un calice di Cuvèe Orsolani: india e piemonte sulla stessa tavola, figurone assicurato.



martedì 23 ottobre 2012

NON È UN SACRIFICIO, È UN'OPPORTUNITA'


È da un mese che in uno degli studi con cui collaboro, Innove, mi trovo a dividere la scrivania con una ragazza, Daniela (una futura grande grafica, di questo non ho dubbi) che sta svolgendo uno stage scolastico. Uno stage troppo breve per i miei gusti visto che tra 10 gg si concluderà e so per certo che mi (ci) mancherà!

Daniela è una tipa davvero in gamba: grinta e umiltà non sono binomio molto consueto ma in lei io vedo entrambe le caratteristiche.
Ogni giorno le sento ripetere questa frase: "non è un sacrificio, è un'opportunità!"
Lo dice ogni volta che le viene chiesto di elaborare qualcosa di nuovo o di rivedere fino alla nausea lavori già fatti (la famosa bambola), lo sottolinea quando capisce che dovrà dedicarci tempo nel week end o la sera a casa (come per Paka Rangi), lo mormora quando le lanciamo una sfida nuova, fuori programma o quando un incarico subisce modifiche in corso d'opera (come per il logo di questo blog a cui sta lavorando proprio in questi giorni)...
Lo dice, lo scrive, lo chatta e ogni volta io la guardo e penso "ragazza, tu farai strada!"
Ehhh sì, perchè sono da tempo dell'idea che la competenza più importante sia l'atteggiamento!
Atteggiamento non coincide e non si esaurisce nell'impegno, anzi: significa anche consapevolezza, significa apertura, significa propositività e proattività.
Doti che non considero così scontate: nemmeno in questo contesto lavorativo così precario e selettivo, un mercato che dovrebbe stimolare tutti a tirar fuori il meglio di sè, eppure...

E allora mi convinco sempre di più che l'atteggiamento non sia una competenza che si impara da grandi: credo invece che sia frutto di un imprinting educativo che si radica su un terreno particolarmente fertile.
Insomma è sempre la stessa solfa: sapere e saper fare si insegnano e si imparano, ma il famoso SAPER ESSERE è un'incognita e contemporaneamente la vera grande differenza che permette alle persone di realizzarsi, nel lavoro ma anche nella vita.
Io la penso così e finchè potrò continuerò a ripetere che le potenzialità non sono ciò che una persona può imparare ma ciò che una persona sa mettere in gioco di sè.

Quando facevo ricerca e selezione di personale ero solita "catalogare" questo genere di persone sotto la voce PERLE: rare e preziose!
Daniela ne è un esempio.





lunedì 15 ottobre 2012

IL BELLO IN TUTTO QUESTO

Mai contenta, lo so!
Ci riflettevo ieri: io, che all'apparenza sono una donna piena di entusiasmo e di gioia di vivere, in realtà sono una "mai contenta".
Periodicamente infatti cedo ad un malessere che non ho ancora capito bene cosa sia ma che mi prende e mi rapisce.
Mai contenta.
Aumenta la tensione, crescono le barriere, si irrigidiscono i confini, sale il malcontento e tutto in proporzione al non capirne il motivo.
E il motivo non lo trovo mai, lo cerco: scandaglio ogni angolo della mia vita e tento di trovare una ragione affibbiandola ogni volta ad una cosa, o ad una persona, o ad una situazione ma ogni volta mi inganno... e lo so.
Mai contenta.
Cerco soluzioni, cerco metodi e strumenti, cambio, lascio, creo, mi lancio in inutilissimi buoni propositi... tempo perso.

Che sia "semplicemente" il caso di lasciar perdere, lasciar andare? insomma mai contenta significa che hai un'aspettativa e che ciò che ti arriva invece non corrisponde alla tua aspettativa.
Se è così allora basterà che io non mi faccia un'aspettativa: in questo modo non potrò restare delusa.

E come la mettiamo con i desideri, con i sogni che voglio raggiungere? non dovrei forse crearmi un'aspettativa e farmi guidare da questa visione per raggiungerli?
Potrebbe sembrare un cane che si mangia coda... se non li visualizzi non raggiungerai mai i tuoi desideri, ma se li visualizzi rischi poi la delusione e così via.

E se fosse una questione di punti di vista? invece di guardare fuori, forse dovrei guardare dentro e visualizzare me!
Una me felice... a prescindere dal come e dal quando.
Perchè poi chi me lo dice che le mie altre aspettative siano le migliori possibili per me? se riesco ad immaginarle escludo l'inimmaginabile, che potrebbe essere anche meglio e non meno realizzabile.

Insomma, senza troppi giri di pensieri: fidarsi ed affidarsi a qualcosa che non puoi davvero vedere, cedere il controllo e governare solo il governabile (meno è meglio è)... io non so come si fa, sono la meno capace ma ho fiducia e quindi colgo il bello in tutto questo.

Il bello in tutto questo è che il cammino non finisce mai e che se oggi sono qui a scrivere queste cose è perchè "mai contenta" non mi sono ancora rassegnata ad essere una mai contenta!